lundi 1 février 2016

L’OCCHIALE: DA PROTESI AD EYEWEAR



In questo micro-articolo vi parlo degli occhiali, sì. Occhiali che nel almeno fino agli anni ’70 vengono visti comunemente in Italia come una disgrazia. Ricordo le “baricule” (si chiamano così in piemontese) che pesavano sul mio naso alle elementari.
Ora la prospettiva è completamente cambiata e non parliamo più di occhiale ma di “eyewear” approdati al massimo grado della moda (e del business). Con “eyewear” si intendono tutti gli elementi che coprono e adornano gli occhi: occhiali da vista, da sole e lenti a contatto.Vi mando in allegato un video divertentissimo di Herbert Pagani, si intitola “Cin cin con gli occhiali”, siamo nel 1968. 
 

dimanche 27 décembre 2015

DESTINO, il cortometraggio di Salvador Dalì e Walt Disney


Destino è un cortometraggio di 6 minuti e 31 secondi che mette in movimento l'immaginario di Salvador Dalì secondo le prospettive di Walt Disney, le musiche sono di Armando Dominguez. Si tratta di un progetto ideato nel 1945 dai due grandi e mai realizzato fino al 2000 quando il nipote di Walt Disney decide di riprenderlo. Vi propongo di vederlo assieme e di seguire tutte le corrispondenze, le  specularità, le assonanze, senza porsi troppe domande, ma cercando ognuno le proprie risposte. Il mio modo per augurarvi buone feste!

mardi 22 décembre 2015

I POETI E LA PUBBLICITA': D'ANNUNZIO E I FUTURISTI


Il 15 gennaio 2016 parteciperò alla conferenza "Les poètes et la publicité" a cura di Marie-Paule Berranger et Laurence Guellec, a Parigi, alla Sorbonne Nouvelle.  

Il mio intervento riguarderà i poeti e la pubblicità in Italia. In particolare affronterò, mettendole a confronto, le esperienze di Gabriele D'Annunzio e dei futuristi.

D'Annunzio battezzò molti prodotti alcuni dei quali sono ancora in commercio, come i biscotti SAIWA e la penna Aurora. Senza contare i liquori come Il Sangue Morlacco e l'Aurum. Inoltre il Vate diede all'automobile il genere femminile, prima si usava il maschile, "gli" automobili. D'Annunzio fu un cantore della nascente civiltà dei consumi, lo fece per arginare i suoi debiti e per un "vivere inimitabilie" che lo voleva sempre al centro della scena. 

D'altro canto abbiamo l'esperienza dei futuristi. Marinetti prima e Depero poi (che scriverà un apposito manifesto, "Il futurismo e l'arte pubblicitaria" del 1931 contenuto nel Numero Unico Futurista Campari) arrivano ad identificare la dimensione poetica e artistica con quella pubblicitaria. 

La pubblicità in Italia alla fine del XIX sec viene chiamata "réclame", termine che non scomparirà per indicarla. I futuristi includono nei loro testi (si pensi "Bif& ZF + 18 = Simultaneità – Chimismi lirici" di Soffici del 1915 detto più semplicemente "Chimismi lirici") svariate citazioni di prodotti che entrano in un segno di appartenenza del poeta alla modernità. 
Tuttavia ad entrare direttamente nella produzione pubblicitaria sono in pochi. Per Marinetti la poesia pubblicitaria è parte del tentativo di accreditare il movimento come arte di stato. Il futurismo infatti punta proprio a questo, come già ho trattato nel mio libro "Potere Futurista".  


Interessanti a proposito sono due opere del 1937 firmate da Effetì (come lo chiama Giordano Bruno Guerri), "Il poema di Torre Viscosa" e "Il poema del vestito di latte". Entrambi i lavori vengono prodotti per la SNIA VISCOSA, fabbrica di Franco Marinotti (strano a dirsi ma il suo cognome è simile a quello del capo del futurismo). La viscosa è il tessuto autarchico pubblicizzato dal regime, una sua variante italiana è il LANITAL realizzato proprio con la caseina derivata dal latte. Un progetto ripreso anche recentemente da una stilista tedesca, Anke Domaske. Marinetti celebra tutto questo in una poesia promossa dalla SNIA con copertina di Bruno Munari.


In attesa di un prossimo intervento anche in Italia per poter parlare più diffusamente del tema, vi porgo i miei più alfanumerici saluti


mercredi 16 décembre 2015

UN BOTTICELLI IN CORSICA, ESTREMA E DINAMICA GRAZIA






Due immagini, si tratta di una tela attribuita al giovane Botticelli, presente nel Museo Fesch di Ajaccio, in Corsica, queste le istantanee da un documentario di France 3. 
Da contemplare queste due inquadrature e il volto del bambino che come quello della madre par esser dotato di vitale mobilità (un accostamento potrebbe esser fatto con lo sguardo delle icone russe). Insomma una pittura di estrema e dinamica grazia.

dimanche 22 novembre 2015

L'art nouveau dell'antichità

Uno dei miei primi video poetici è arrivato ad un interessante numero di visualizzazioni ed è dedicato all'arte minoica. Un periodo che da sempre mi ha affascinato, l'art nouveau dell'antichità potremmo dire con un paragone azzardato ma significativo per la gioia creativa e la felicità esistenziale che emanano queste pitture a contatto con la natura. La civiltà minoica va dal 1700 al 1450 a.c.  Risaliamo quindi a più di 3500 anni or sono per trovarci nel pieno di un periodo che ha segnato la cultura mediterranea, sull'isola di Creta.

mercredi 21 octobre 2015

CONSIDERAZIONI SULLE STRUTTURE ESPOSITIVE: DA ITALIA '61 A EXPO 2015




Con grande gioia riprendo le attività del mio blog. Il mio intevento riguarda le strutture espositive italiane, eredità delle grandi esposizioni universali e nazionali, che nell'Europa del XIX sec mettevano in luce le produzioni e le eccellenze degli stati nazionali. La Tour Eiffel, come è noto, è un lascito di questa cultura. E non solo, anche il Borgo Medievale di Torino, è ciò che rimane dell'Esposizione Generale Italiana del 1884. Ma facciamo un salto in avanti e concentriamoci su strutture più recenti.

Il Palazzo del Lavoro di Torino, costruito per Italia '61, del quale parlai nell'ultimo, non recente, articolo prese fuoco il 20 agosto di quest'anno, e certamente non si è trattato di autocombustione. Il palazzo permane in un triste stato di rudere carbonizzato finché non prevarrà qualche interesse commerciale a "nobilitarlo". Il capolavoro di Nervi giace quindi distrutto in uno scenario post-industriale che contrasta con la volontà di riqualificazione della città.
Le costruzioni realizzate a Torino per le Olimpiadi 2006, così come altre infrastrutture, sono deserte. Non so cosa ce ne facciamo di una pista di pattinaggio, manco fossimo nel nord Europa! Inoltre parlerei della Stazione di Porta Susa che, realizzata nel contesto delle Olimpiadi, oggi appare una grande serra priva di servizi e sovradimensionata per le esigenze di una piccola città sabauda.

Tuttavia le strutture di Italia '61 e delle Olimpiadi, quando attive, conservavano una dimensione di accoglienza, adeguata alle esigenze del pubblico, che è venuta a mancare a Expo Milano 2015. L'errore di Expo Milano 2015 è stato di mettere in piedi padiglioni che, come concezione, sono ancora ottocenteschi, e non hanno saputo rispondere a genti provenienti da tutto il mondo. Si tratta di un fallimento, ma non del sistema ricettivo, si tratta di un fallimento della progettazione architettonica. Un fallimento attribuibile agli architetti, certamente condizionati dalla politica ma non per questo giustificabili, che non hanno saputo misurare spazi tempi e utenze.  Expo Milano 2015 doveva rappresentare il mondo nel 2015, essere molto più grande, con padiglioni di grande capienza o multipli, e i flussi del pubblico mai interrotti. Si dovevano creare le condizioni di un continuum espositivo e non di una via crucis. Il concetto di continuità infatti era alla base anche delle gallerie commerciali che si affermarono a Parigi ormai due secoli fa, proprio quei "passages" di cui parla Walter Benjamin nei suoi scritti.
Alcuni padiglioni di Expo Milano 2015 si sono rivelati straordinari dal punto di vista delle tecniche di comunicazione, con impiego di ottimi materiali, il fallimento sta nel rapporto con il pubblico. E in una architettura sempre più distante dalla vita reale, distante dalla vita del cittadino, sia nella sua vita quotidiana che in quella massificata delle esposizioni contemporanee.

Max Ponte

mercredi 8 avril 2015

La ruggine e l'oblio sul Palazzo del Lavoro, a Torino


Al Palazzo del Lavoro di Torino ci entrai nel 1996 per accompagnare un amico del liceo iscritto per sbaglio ad Economia. Poi per sbaglio lui continuò ad iscriversi a tante altre facoltà. Il Palazzo del Lavoro è l'opera dell'architetto Pierluigi Nervi, realizzata per Italia '61. Qualche giorno fa percorrendo corso Unità d'Italia con l'auto ho deciso di fermarmi e fotografare la metallica costruzione. La facciata esposta sulla principale arteria cittadina rivela ancora l'ottima e ariosa qualità dell'edificio (foto sotto), ma la facciata laterale (foto sopra) è un arrugginito e degradante spettacolo.



Un pessimo biglietto da visita per la città. visto che il Palazzo del Lavoro si trova alle porte di Torino. Inoltre l'edificio è considerato fra i capolavori di Nervi, che ho scoperto, tre anni fa in vacanza a Marsala, aver costruito in quella località mediterranea degli hangar per gli idrovolanti.
Passate le Olimpiadi Invernali del 2006, i 150 anni dell'Unità d'Italia, e passati tutti i santi possibili e le ipotesi inutili della politica, il Palazzo del Lavoro rimane lì, monumento evidente ad un lavoro che non c'è. Un caso anomalo in una città sensibile al decoro urbano, una falla nella mappa di Augusta Taurinorum, in attesa di uscire dall'oblio. Intanto anche il mio amico del liceo è riuscito a laurearsi, quindi anche il Palazzo potrebbe di buon grado abbandonare il mondo dell'archeologia "rusinenta" - per usare un aggettivo piemontese.


Max Ponte